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Sito a cura del Dott. Salvatore Pollina

 

La tutela della lavoratrice.

 

La Costituzione Italiana riconosce la necessità di un trattamento sul lavoro, che tuteli la madre e il bambino. Su questa materia vi sono, in particolare, due leggi molto importanti: la n.1204 del 30 dicembre 1971, che introduce diritti e facoltà per la mamma che lavora, e la n.903 del 9 dicembre 1977, sulla parità di trattamento tra uomo e donna in materia di lavoro. Queste norme proteggono sia la futura mamma che intende lavorare o che già lavora, sia il rapporto madre figlio nei primi anni di vita. La legge vieta inoltre di sottoporre la donna a test o a visite mediche finalizzati ad accertare lo stato di gravidanza prima dell'assunzione.

 

L'ASTENSIONE OBBLIGATORIA

La legge prevede un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro negli ultimi due mesi prima del parto e nei tre successivi.

Se, però, la futura mamma svolge un lavoro gravoso o potenzialmente dannoso, il periodo di astensione è anticipato.

 

L'ASTENSIONE FACOLTATIVA

La donna può chiedere di stare a casa per altri sei mesi durante il primo anno di vita del bambino, senza dover fornire motivazioni. L'indennità è pari al 30% della retribuzione. I sei mesi di astensione facoltativa possono essere fraternizzati, cioè non goduti consecutivamente.

E' inoltre possibile chiedere l'astensione anticipata all'Ispettorato del Lavoro qualora durante la gestazione si verifichi un problema di salute.

In questi casi il permesso di stare a casa viene concesso sulla base di un accertamento medico. Durante l'intero periodo di astensione la futura mamma riceve un'indennità pari all'80% della retribuzione.

 

SE LA GRAVIDANZA SI INTERROMPE

La donna che lavora è protetta dalla legge anche in caso di aborto spontaneo o di interruzione volontaria di gravidanza. S e questa avviene entro il 180° giorno, si ha diritto a un'assenza per malattia. La legge considera, invece, l'interruzione della gravidanza successiva al 180° giorno di gestazione un parto prematuro e la donna, quindi, ha diritto ai tre mesi di astensione obbligatoria per maternità.

 

SE NON SI E' DIPENDENTE

Alle artigiane, commercianti e coltivatrici dirette spetta un'indennità giornaliera, nei due mesi precedenti il parto e nei tre successivi, pari all'80% del salario minimo. L'indennizzo è erogato dall'Inps, a cui deve esser presentata domanda.

Hanno diritto all'indennità le donne che svolgono un attività autonoma e sono inscritte all'Inps alla gestione separata, con almeno tre versamenti nell'anno precedente agli ultimi due mesti di gestazione; in questo caso la mamma riceve un unico assegno forfettario. 

Le professioniste, nei due mesi prima e nei tre mesi dopo il parto, ricevono un'indennità, erogata dalle casse o fondi di previdenza delle singole categorie. L'indennizzo è dell'80% dei cinque dodicesimi del reddito denunciato nella penultima dichiarazione.

 

LE AGEVOLAZIONI PER IL PAPA'

Leggi e sentenze hanno esteso agli uomini il diritto di stare a casa con i figli. Il papà può usufruire dei sei mesi di astensione facoltativa, a patto che la donna sia una lavoratrice dipendente e vi abbia rinunciato. Il lavoratore riceve un'indennità del 30% dello stipendio.

La sentenza della Corte Costituzionale n.179 del 21 aprile 1993 ha poi stabilito che anche il padre possa usufruire dei permessi dell'allattamento. I padri possono inoltre prendere i congedi per stare a casa con il bambino di età inferiore ai tre anni quando è malato.

 

LA NUOVA LEGGE

La nuova legge a tutela della maternità approvata di recente introduce diverse novità. Innanzi tutto prevede che la neomamma possa scegliere come suddividere il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro. La mamma, cioè, se il suo ginecologo è d'accordo, potrà decidere di lavorare fino all'ottavo mese di gravidanza e di tornare al lavoro quando il bebè ha quattro mesi. Fino ad oggi, invece, il periodo di astensione obbligatoria era rigido: due mesi prima del parto e tre dopo. Rimane il diritto, per questo periodo, a un'indennità pari all'80% dello stipendio.

Un'altra importante novità riguarda i congedi facoltativi che passano da sei a dieci mesi e possono essere presi anche dai padri fino a quando il bambino ha otto anni. Finora, invece, solo se la mamma rinunciava, il papà poteva restare a casa, e solo fino al terzo anno di età del piccolo.

Fino a tre anni di età del bambino, i genitori possono usufruire di sei mesi complessivi retribuiti al 30%. Dai tre agli otto anni i congedi saranno retribuiti solo per le famiglie di basso reddito.

Sono, infine, previsti sostegni economici per le aziende che vengono incontro alla famiglia con gli orari flessibili, il telelavoro e il part-time, in modo da consentire ai genitori di seguire più da vicino il bambino. Spesso, infatti, considerazioni di carattere economico, come la necessità di non vedersi ridurre lo stipendio, possono indurre la neomamma a riprendere il lavoro appena trascorso il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro.

 

VIETATO LICENZIARE

La futura mamma non può essere licenziata nel periodo che va dall'inizio della gravidanza sino al compimento del primo anno di età del bambino.

Se il datore di lavoro non era stato informato e provvede al licenziamento, la donna ha diritto a riottenere il posto  presentando, entro 90 giorni, un certificato medico da cui risulti che la gravidanza era in atto al momento del licenziamento. Questa regola vale anche per la madre adottiva, che non può essere licenziata per tutto il primo anno dopo l'adozione.

La tutela non opera però quando il licenziamento avviene per giusta causa, cioè per un comportamento scorretto della lavoratrice a seguito del quale è ammessa la risoluzione del rapporto di lavoro, oppure durante il periodo di prova, o quando l'azienda chiude e cessa l'attività, o quando scade il contratto a termine. Se invece è la futura madre che decide di lasciare spontaneamente il lavoro e si dimette, ha comunque il diritto a percepire l'indennità di mancato preavviso prevista dal contratto.

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