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Sito a cura del Dott. Salvatore Pollina

 

La Toxoplasmosi in gravidanza

 

Che cos'è la Toxoplasmosi

L’agente patogeno della toxoplasmosi è il Toxoplasmagondii , un protozoo parassita  di piccole dimensioni che esiste in tre forme: la forma proliferativa o trofozoita, la cisti tissutale e l’oocisti. L’ospite definitivo del toxoplasma è rappresentato dal gatto, mentre una grande varietà di mammiferi e uccelli costituiscono gli ospiti intermedi. Nell’epitelio intestinale del gatto il Toxoplasma  può svolgere sia il ciclo schizogonico (asessuato) che il ciclo gamonico (sessuato) della riproduzione. Dal ciclo settato derivano i gameti ; questi unendosi formano le oocisti che vengono eliminate con le feci circa due settimane dopo l’infezione acuta. Le oocisti appena emesse con le feci non sono infette ma lo diventano da un periodo di 1-21 giorni, dando origine per sporulazione  a 2 sporocisti contenenti ciascuna 4 sporozoiti. Le oocisti possono resistere a lungo nel terreno e rappresentano il “ serbatoio tellurico” dell’infezione. Quando l’oocisti viene ingerita da un animale si liberano le forme asessuate (trofozoiti)  che penetrano nella mucosa intestinale e si diffondono nell’organismo tramite la circolazione ematica e linfatica. I trofozoiti penetrano nelle cellule e si moltiplicano, provocando infine la rottura della cellula ospite e la disseminazione dei parassiti nelle cellule adiacenti. Praticamente nessun tessuto è immune dalla colonizzazione parassitaria, e l’intensità della parassitemia influenza la probabilità e la severità della malattia. Con la comparsa degli anticorpi circolanti la proliferazione dei trofozoiti si arresta, ed essi scompaiono dai tessuti con l’eccezione della retina e delle cellule gliali del sistema  nervoso centrale. Le forme cistiche cominciano ad apparire 8 giorni dopo l’infezione sostituento i focolai parassitari, e possono essere riscontrate a livello di muscoli , mucosa intestinale , utero, reni, cervello e polmone. Le cisti tessutali permangono nel soggetto infettato per tutta la vita e , sebbene vengano considerate forme silenti, sono probabilmente responsabili delle riattivazioni dell’infezione. L’uomo può infettarsi sia ingerendo direttamente le oocisti presenti nel terreno, mediante ortaggi crudi mal lavati o per scarsa igiene delle mani, sia alimentandosi con carne cruda o poco cotta di animali infetti, la carne di vitello è raramente infetta. Il prosciutto e la carne di suino poco cotta sono probabilmente la forma più comune di infezione, ma anche il latte fresco e le uova possono contenere il parassita. Sono possibili , anche se rare , le infezioni accidentali mediante contatto con materiale infetto e penetrazione del parassita attraverso soluzioni di continuo della cute , soprattutto nel personale di laboratorio. Molto importante rimane poi il contatto diretto con i gatti; le oocisti emesse dai gatti con le feci resistono a lungo nei terreni umidi ,mentre la loro sopravvivenza è breve se il terreno è esposto al sole o se si tratta di pavimentazione domestiche e superfici urbane

La Toxoplasmosi in gravidanza

Le informazioni sulle possibili gravi conseguenze che l’infezione primaria da Toxoplasma può comportare per il feto ed il neonato hanno diffuso molto spesso un allarme spesso ingiustificato mettendo a volte i medici di fronte a problemi diagnostici che non sempre sono adeguatamente preparati a risolvere.

Ne è un esempio il numero elevato di interruzioni volontarie di gravidanza o comunque gravi situazioni di angoscia provocato alle gravide in seguito ad un riscontro di sieropositività interpretato erroneamente come indice di malattia in atto invece che come correttamente dovrebbe essere fatto, di immunizzazione.

In realtà ,anche in caso di infezione primaria in gravidanza , le probabilità che il feto venga infettato in utero sono piuttosto limitate ,anche se crescenti con l’aumentare dell’età gestionale, mentre la gravità delle lesioni segue un andamento inverso ovvero è tanto minore quanto più il contagio fetale è tardivo.

In caso d’infezione da Toxoplasma nel I trimestre si avrà nella maggior parte dei casi , l’aborto o la morte fetale , nel II trimestre si potranno verificare idrocefalo , calcificazioni cerebrali, corioretinite e convulsioni , mentre l’infezione nel III trimestre darà forme di acute poliviscerali.

Infine quando l’infezione viene contratta nelle fasi terminali della gravidanza il neonato potrà nascere apparentemente sano , ma portatore di una forma latente di toxoplasmosi che si potrà manifestare a distanza di mesi od anni sotto forma di lesioni discrete a carico dell’occhio (corioretiniti recidivanti) o del SNC ( ritardi mentali , disturbi comportamentali).

La diagnosi di infezione toxoplasmica si basa essenzialmente nell’adulto sullo studio dei livelli anticorpali specifici , e può essere eventualmente confermata mediante evidenziazione diretta del parassita nei tessuti o dopo test biologico.

Nell’infezione acuta si formano due tipi di anticorpi:

  • anticorpi di classe IgM che compaiono entro una settimana dal contagio , raggiungono i livelli massimi dopo 2-3 settimane e diminuiscono gradualmente per scomparire di solito nel corso del IV mese dopo il contagio. In alcuni casi tuttavia tali anticorpi possono scomparire già alla terza settimana di infezione oppure persistere per molti mesi;

  • anticorpi di classe IgG che aumentano lentamente  nelle prime settimane dal contagio; l’incremento diventa più evidente dopo 3-4 settimane , per raggiungere i livelli massimi fra il secondo e il terzo mese. Gli anticorpi IgG persistono a valori elevati anche per mesi; in seguito il titolo anticorpale scende gradualmente , ma bassi livelli di IgG sono rilevabili anche per tutta la vita del soggetto infettato.

In occasione delle reinfezioni endogene o esogene non compaiono anticorpi IgM, mentre le IgG presentano una rapida elevazione.Esaurito lo stimolo antigenico gli anticorpi ritornano a valori di partenza dopo un periodo di tempo variabile.

 

Trasmissione materno-fetale

 

La trasmissione del Toxoplasma dalla madre al feto si verifica essenzialmente per via via ematogena transplacentare; infatti il parassita è in grado di superare la barriera placentare a condizione che la fase parassitemica sia di durata sufficiente (8-10 giorni).

Questo si verifica , almeno nei soggetti  con sistema immunitario integro , solo nel caso della primo-infezione; nella reinfezione infatti le forme vegetative liberate dalle oocisti attivate vengono bloccate dagli anticorpi materni.

Nel caso di Toxoplasmosi acuta in gravidanza si possono verificare tre eventualità:

  • nascita di un feto non infetto , cioè clinicamente sano e sierologicamente negativo dopo la scomparsa di anticorpi materni trasmessi passivamente;

  • neonato con infezione congenita asintomatica , lieve o severa , se il parassita viene isolato dal sangue o dalla placenta o dal liquido amniotico e se i test sierologici controllati nel primo anno di vita rimangono positivi dopo la scomparsa degli anticorpi di origine materna;

  • aborto o morte  endouterina perinatale del feto.

Nel caso di infezione sintomatica congenita la malattia si manifesta più comunemente  come forma acuta poliviscerita (epatosplenomegalia con ittero, miocardite, manifestazioni emorragiche), oppure come forma cronica neuroretinica (idrocefalo, calcificazioni cerebrali, convulsioni corioretinite). La possibilità di infezione e la gravità della malattia congenita sono essenzialmente legate al periodo della gravidanza  in cui la madre contrae l’infezione acuta.Infatti la probabilità di trasmissione materno-fetale del Toxoplasma aumenta con il progredire della gravidanza , passando dal 14-20% nel caso di  infezione materna contratta nel corso del primo trimestre al 65-70% negli ultimi tre mesi di gestazione, con valori intermedi nel II trimestre (25-30)%

Al  contrario la gravità della fetopatia in caso di infezione intrauterina del prodotto del concepimento è molto maggiore se l’infezione materna è stata precoce (I trimestre), con una percentuale di aborto, morte fetale  e perinatale del 35% , contro il  6-7% per le infezioni contratte nel secondo e terzo trimestre.

Inoltre se il neonato  contagiato nei primi tre mesi di vita sopravvive, sarà più frequentemente affetto da una forma grave di malattia (41%), con lesioni oculari e del sistema nervoso centrale, a differenza dei neonati infetti in epoca più tardiva, che presentano nel 90% dei casi una infezione asintomatica evidenziabile solo con i test sierologici specifici.

Recentemente è stato dimostrato che i neonati asintomatici dal punto di vista clinico ma sierologicamente positivi (IgG e IgM) positivi) possono presentare, se non vengono tempestivamente curati, manifestazioni cliniche di toxoplasmosi anche a distanza di anni dalla nascita.

 

Pratica Clinica

Nella donna che decide di intraprendere una gravidanza la ricerca degli anticorpi anti-Toxoplasma dovrebbe essere effettuata poco prima del presumibile concepimento. Se il soggetto risulta immune non occorrono ulteriori accertamenti nel corso della successiva gravidanza; se invece i titoli anticorpali non raggiungono livelli protettivi la paziente deve essere controllata periodicamente ogni mese fino al momento del parto con indagini sierologiche, e deve osservare specifiche misure di profilassi. In particolare è importante evitare il contatto con i gatti o altri animali domestici o selvatici, consumare solo carni ben cotte, verdura e frutta cruda solo se ben lavata, e praticare una scrupolosa igiene delle mani, specialmente se sono state a contatto con la terra di orti giardini o vasi di fiori. Se nel corso della gravidanza si verifica una sieroconversione, cioè un aumento del titolo di anticorpi IgG, è essenziale confermare l’avvenuta infezione mediante ricerca degli anticorpi di classe IgM e iniziare immediatamente il trattamento. In caso di risposta positiva verrà valutato il rischio di infezione  per il prodotto del concepimento in base all’anamnesi (epoca di gestazione) e con la diagnosi prenatale. La possibilità di effettuare una diagnosi prenatale attendibile dell’infezione congenita, e l’efficacia del trattamento materno nel ridurre  l’incidenza e la gravità della fetopatia, consentono infatti oggi di limitare il numero di aborti terapeutici. Quando l’indagine sierologia viene effettuata per la prima volta in corso di gravidanza è utile ricercare contemporaneamente gli anticorpi specifici di tipo IgG e IgM. Anche in questo caso si possono riscontrare livelli di IgG bassi (soggetto non immune), oppure elevati con IgM negative (soggetto immune). Talora invece la diagnosi di primo-infezione o reinfezione non sono immediate, anche disponendo di testi specifici per la IgM, soprattutto perchè mancano informazioni sulle condizioni sierologiche iniziali. La presenza di anticorpi IgM accompagnati da titoli medio elevati di IgG non implica necessariamente un’infezione acuta; infatti è stato dimostrato che gli anticorpi di classe IgM possono persistere anche per un anno dopo l’infezione acuta. Pertanto è opportuno iniziare subito la terapia ma  ricontrollare il soggetto dopo 15 giorni; se i livelli di IgG sono stabili pur in presenza di IgM si tratta di infezione pregressa che non necessita di trattamento nè di ulteriori controlli. Se si evidenzia invece un incremento degli anticorpi IgG la diagnosi è di infezione acuta primaria o di riattivazione. Anche quando i titoli anticorpali IgG e IgM sono elevati e implicano chiaramente la presenza di un’infezione in atto, è comunque sempre necessario monitorare sierologicamente la paziente per valutare il rischio fetale e l’efficacia del trattamento. L’indagine sul prodotto del concepimento deve essere effettuata , in caso di infezione materna, alla 18-20ma settimana di gravidanza.

 

Terapia materna e neonatale

 

Il trattamento materno dell’infezione toxoplasmica in gravidanza e in grado di ridurre significamene sia la percentuale di trasmissione materno-fetale della malattia che la severità dell’infezione congenita. Quando è possibile escludere l’infezione congenita mediante diagnosi prenatale in epoca precoce di gestazione (18-20 settimane) , la paziente può portare  a termine la gravidanza  con un rischio relativamente basso per il neonato, purché venga trattata tempestivamente. Il 96%  delle gravide affette da toxoplasmosi trattate  con spiramicina ha partorito un neonato sano. La spiramicina  è un antibiotico della classe dei macrolidi, privo di effetti tossici e teratogeni e capace di raggiungere concentrazioni placentari elevate, 5 volte superiori a quelle sieriche. Il passaggio transplacentare del farmaco è tuttavia piuttosto limitato e la concentrazione del farmaco nel sangue fetale è la metà rispetto a quella del sangue materno. Il dosaggio utilizzato è di 0,5 g ogni 10 kg di peso corporeo per os, dal momento in cui viene formulata la diagnosi di infezione materna fino al momento del parto, senza interruzione. Tutti i neonati di donne che hanno contratto un ‘infezione toxoplasmica acuta nel corso della gravidanza devono essere esaminati al momento della nascita e controllati per i primi due anni di vita, sia dal punto di visto clinico che mediante periodici esami di laboratorio specifici di classe IgG ed IgM. Subito dopo il parto bisogna prelevare un campione di sangue funicolare per la ricerca di anticorpi della classe IgG e IgM specifici antitoxoplasma, e per il confronto con i titoli anticorpali materni. Gli anticorpi IgG di origine materna , attraversando liberamente la placenta, sono infatti rilevabili per alcuni mesi anche nel sangue del neonato sano ma sempre a titoli uguali o inferiori a quelli materni. Il mancato decremento di questi anticorpi , oppure il riscontro di livelli molto elevati  di IgG alla nascita o ancora la presenza di IgM di sicura origine fetale sono indice di infezione congenita. In ogni  caso il neonato  con infezione congenita certa o sospetta deve essere trattato prontamente con cicli di pirimetamina (1mg/kg/die), sulfadiazina (50mg/kg/die) e acido folinico (5mg ogni 3 giorni) per 21 giorni, alternati da cicli di spiramicina (100mg/kg/die) per 30-60 giorni per tutto il primo anno di vita, controllando mensilmente le condizioni sierologiche. I controlli  sierologici e il trattamento devono essere proseguiti fino alla negativizzazzione del titolo anticorpale; il bambino sintomatico invece verrà controllato fino ad almeno 10 anni di età , con esame clinico, neurologico, oculistico e audiometrico, e l’opportunità di ripetere cicli di terapia verrà valutata di volta in volta.

 

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